Lei mori’ per la febbre e nessuno riusci’ a salvarla, cosi’ fini’ la dolce Molly Malone”.
di Giovanni De Rose
Consigli preliminari generici :se vi accontentate e non vi abituate a scavare finisce che una città vale l’altra, un Paese vale l’altro. Le capitali oramai si somigliano tutte. Nei centri sempre meno storici si vendono le stesse cose. Che siano cibo, blue jeans o telefonini, poco importa. Non usate le autostrade, scegliete sempre l’itinerario più lungo per spostarvi da un luogo all’altro.

La meta e’ importante ma il viaggio di più.
Di Dublino ricordo solo la storia di Molly Malone e poco altro. Quella di Molly e’ una leggenda popolare piu’ che una storia vera , ma non importa. Una canzone l’ha resa immortale, e tanto basta. Che sia vissuta per davvero duecento fa e’ un dettaglio trascurabile, non credete? Molly era una pescivendola ambulante , figlia e nipote di pescivendoli ambulanti. Di giorno spingeva il carretto e vendeva cozze e vongole fresche. La notte, forse, faceva la puttana. Dicono che nelle notti nebbiose si possa incontrare il suo fantasma che spinge il carretto . Per il meretricio, invece, non saprei. Le hanno anche dedicato una statua, la trovate in Suffolk Street. I turisti si fanno le foto e le sfregano il seno. I viaggiatori la osservano e sorridono. Io l’ho vista, Molly. Spingeva il carretto carico di cozze ancora vive ed era inseguita da una decina di gatti ossuti come la fame che si portavano appresso.

Sembra che Italiani e Irlandesi abbiano una sorta di compatibilita’ naturale. Negli USA, per dire, sono sempre stati vicini di casa. Tanti Irlandesi emigrati per via che parlavano la lingua finirono per fare i poliziotti. Tanti Italiani che emigrarono parlavano solo il dialetto del paese da cui fuggivano e finirono per fare i banditi. Guardie e ladri si ritrovavano in chiesa la domenica. La religione impastata con la memoria della fame, per questo Irlandesi e Italiani si sono sempre capiti, e non solo in America.
C’e’ un paese in Italia che si chiama Casalattico, piu’ o meno tra Roma e Napoli. Da li’ il giorno quando gli alleati bombardarono Montecassino si vedeva il fumo salire. Da Casalattico partirono a decine per l’Irlanda subito dopo la guerra. E tutti finirono per aprire un negozio di fish&chips, tanto che sono considerati salvatori dell’industria. I mariti andavano a comprare il pesce tutte le mattine e le mogli restavano a casa a sbucciare patate. E poi insieme a friggere. Quindici ore al giorno tutti I giorni dell’anno. Tutti tranne il Lunedi’, perche’ I pescatori non escono la domenica e allora niente pesce da friggere al Lunedi’. E quello era il giorno del ballo. Del ballo e dei fidanzamenti, ma solo tra Italiani. Un lavoro durissimo, buono solo per gli sciagurati. Cafolla’s, Morelli’s, Di Giorgio’s, cognomi che se siete curiosi abbastanza potrete ancora oggi scorgere sulle insegne di negozi di pesce fritto e patate.

Sono le aree rurali che aiutano a stabilire un contatto autentico con I luoghi. E questo vale anche per l’Irlanda, terra di fiumi placidi, di pascoli colore dello smeraldo, di baie tranquille, di mucche felici, di pecore visionarie che scrutano l’orizzonte e di scogliere altissime battute da onde che schiumano rabbia. Una compenetrazione costante di terre e di acqua. Baie cosi’ profonde che l’Atlantico quasi perde la memoria di essere mare e assume sembianze lacustri. Tutto questo lo ritrovate riassunto nel chowder, che potete mangiare dappertutto sulla West Coast. Una zuppa cremosa fatta di acqua, panna, patate e del pesce che c’e’. Spesso salmone, fresco o affumicato, molluschi, merluzzo. Tutto insieme. Qualunque cosa commestibile che si tirasse su dal mare o dal fiume si cuoceva insieme a quello che veniva dalla terra. Nella stessa famiglia convivevano pescatori e contadini. Una ricetta che le migliaia di emigranti in fuga dalle carestie ottocentesche causate da un microorganismo che distrusse I raccolti di patate, si erano portati appresso. E che l’America, curiosa e arrogante come sempre, ha fatto suo.

L’Irlanda e’ stato un paese povero tanto quanto il sud Italia. Oggi e’ un paese ricco e moderno, anche se qua e la si scorgono tracce della crisi recente. L’hanno superata anche grazie a un saggio impiego di Fondi Europei. Qui tecnologia e industria agricola convivono e arricchiscono il Paese. Dovreste vedere le case degli allevatori di pecore. Lontane cento miglia dalla citta’, eppure curate, maestose, basse, con uno stile un po’ pacchiano da suburb americana forse, del genere colonne ritorte e capitelli, ma sopportabile e ben integrato con il paesaggio. In giardino fuoristrada potenti e costosissimi. Differenze con I pastori Sardi? Fate voi! Qui le pecore si allevano per la carne e per la lana. Punto. A osservare il tenore di vita si direbbe che l’approccio Irlandese renda meglio del pecorino romano.
Dicono che in Irlanda piove sempre. Io ci sono stato due settimane. Neanche una goccia.
Andate in Irlanda. E’ bellissima (tranne Galway che invece e’ bruttissima).
Dell’ovvio salvate solo le Public House e la musica, meglio se via da Dublino. Tutto il resto lasciatelo ai turisti, voi, invece, perdetevi.